Consiglio regionale
del Piemonte




Relazione al Disegno di legge regionale n. 407.

Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali



Con la presente legge la Regione, nell'ambito dei principi fondamentali stabiliti dalla legge quadro nazionale n. 328/2000, individua nuove modalita' per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
Se, fino all'entrata in vigore della Costituzione repubblicana e prima dell'avvento delle grandi riforme istituzionali che hanno caratterizzato la storia legislativa del nostro Paese dal dopoguerra ad oggi, la disciplina, sotto molti aspetti ossessivamente vincolistica, contenuta nella "legge Crispi" del 17 luglio 1890, (n. 6972), era volta ad una funzione eminentemente tutoria delle istituzioni, garantendo un costante controllo statale sul corretto perseguimento di finalita' considerate di interesse pubblico, nel tempo tale legislazione ha mostrato il segno di un evidente anacronismo.
Il riconoscimento costituzionale della liberta' dell'assistenza privata introdotto dall'art. 38, l'istituzione delle regioni ed il conseguente trasferimento delle funzioni statali di assistenza e beneficenza nonche' il riordino del settore sanitario pubblico e l'istituzione del servizio sanitario nazionale, per citare soltanto alcune delle riforme piu' significative, hanno determinato la progressiva inadeguatezza di una normativa sempre piu' chiusa in se' stessa e certamente non piu' rispondente, anche in termini di snellezza operativa, alle attuali esigenze della societa'.
Dopo l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana ha preso a delinearsi un nuovo assetto dello Stato-ordinamento, improntato al decentramento amministrativo espresso all'art. 5 della Costituzione e sviluppato in termini operativi dai successivi articoli 117 e 118.
L'istituzione delle regioni ed il loro effettivo anche se graduale avvio ha comportato il trasferimento alle stesse di funzioni che per quanto rileva ai fini del comparto socio-assistenziale fanno riferimento al D.P.R. n. 9 del 1972 e, soprattutto, al D.P.R. n. 616 del 1977 e al D.Lgs 112/98.
E' soprattutto l'art. 22 del D.P.R. n. 616 del 1977 a fornire una nuova e moderna definizione della "beneficenza pubblica", che ricomprende "tutte le attivita' che attengono, nel quadro della sicurezza sociale, alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti o a pagamento, o di prestazioni economiche, sia in denaro che in natura, a favore di singoli, o di gruppi, qualunque sia il titolo in base al quale sono individuati i destinatari, anche quando si tratti di forme di assistenza a categorie determinate". E' fuor di dubbio che tale definizione cancella definitivamente ogni concezione assistenziale agli indigenti ed afferma la necessita' di un vero e proprio sistema di sicurezza sociale di tutti i cittadini.
La legge quadro nazionale che delinea il nuovo sistema dei servizi sociali consente sia di dotare il Paese di una omogenea strategia di intervento assistenziale, sia di determinare principi e sistemi organizzativi univoci entro cui far operare la legislazione regionale senza i quali si correva il rischio di attivare sistemi molto differenziati l'uno dall'altro tali da rappresentare in futuro fonte di ingiustizia sociale.
Fra gli elementi di maggior rilievo rientrano certamente sia il passaggio da interventi "categoriali" a interventi che pongono al centro la persona, le famiglie con le loro esigenze che mutano nei diversi cicli di vita, sia il ruolo di regia affidato alle Regioni e agli Enti locali. Essa delinea, altresi', un sistema plurale di interventi sociali, con poteri e responsabilita' condivise al fine di promuovere le risposte della comunita'.
Se l'obiettivo della legge 328/2000 e' quello di costruire un moderno sistema di servizi e prestazioni rivolto alle persone e alle famiglie, in particolare a coloro che vivono in condizioni di fragilita', con l'intento di mettere in campo risposte efficaci e di qualita' alle molteplici condizioni di disagio, attorno a questo obiettivo la Regione Piemonte aveva gia' provveduto, prima con la l.r. 20/1982 e poi con la legge n. 62 del 13/4-1995, ad anticiparne, seppur parzialmente, i contenuti.
Con le leggi sopra richiamate si e' iniziata e avviata la realizzazione del sistema di interventi sociali sul territorio piemontese, con la presente legge si intende promuovere una ulteriore evoluzione del sistema medesimo; si precisa tra l'altro che:
1) "la Regione, le Province e i Comuni adottano come metodo della programmazione : il coordinamento e l'integrazione, oltre che con gli interventi sanitari, con quelli dell'istruzione nonche' con le politiche attive della formazione, del lavoro, con quelle della casa, della sicurezza sociale e con tutte quelle comunque rivolte alla prevenzione e alla riduzione ed eliminazione delle condizioni di bisogno e disagio" (Art. 14, co. 2/b);
2) il Piano regionale degli interventi e dei servizi sociali "e' integrato con il piano sanitario regionale e con il piano regionale di sviluppo" (Art. 16, co. 2);
3) i Comuni singoli o associati a tutela dei diritti della popolazione, provvedono a definire il piano di zona, che rappresenta lo strumento fondamentale e obbligatorio per la definizione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali del territorio di competenza, "d'intesa con le ASL interessate per quanto attiene alle attivita' a rilievo sanitario".
Se la peculiarita' della legge 328/2000 e' rappresentata dal principio di sussidiarieta', che si manifesta anche nel settore dei servizi sociali attraverso la qualificazione degli interventi dello Stato e degli Enti Locali come integrativi, di coordinamento e di controllo, di attivita' che di fatto sono svolte da altri soggetti quale le IPAB , le ONLUS , le associazioni ed enti di promozione sociale, le organizzazioni di volontariato, le fondazioni e gli enti di patronato, anche in questo caso la l.r. 62/1995 e s.m.i. ne era gia' stata, in parte, anticipatrice, ribadendo la centralita' degli Enti locali e dei Comuni in particolar modo (cosi' come sancita dalla l. 142/'90), valorizzando altresi' il ruolo delle IPAB e riconoscendo che la rete dei servizi sociali piemontesi deve essere sorretta dal volontariato organizzato ed individuale e dalla cooperazione sociale.
La tendenza legislativa degli ultimi anni ha messo in campo la centralita' del Comune e della comunita' locale; il cittadino al centro dei servizi; un ruolo crescente per cooperative sociali, volontariato, IPAB , soggetti del privato sociale e privati in genere; un nuovo ruolo per le fondazioni bancarie; l'affermarsi del principio della sussidiarieta' verticale dei servizi. Assume dunque importanza strategica la funzione di programmazione svolta a livello locale, in particolare dei comuni che a tutela dei diritti della popolazione, d'intesa con le ASL con la partecipazione delle Province e dei diversi soggetti interessati, provvedono secondo le indicazioni del piano regionale, a definire il "piano di zona".
Il D.D.L. in esame, nella consapevolezza che il piano di zona rappresenta lo strumento strategico dei comuni associati per il governo locale dei servizi, ha messo a punto un quadro complessivo di principi e di indicazioni tale da consentire una programmazione di rete di interventi e di servizi, un circolo virtuoso, in grado di dare risposte adeguate alle problematiche espresse dalle comunita' locali. In questa ottica si e' voluto valorizzare non solo il ruolo e l'intervento del "pubblico" ma anche l'operativita' dei differenti "gruppi privati" che intervengono sui bisogni e sulla domanda sociale della comunita' locale.
Poiche' l'applicazione della legge di riforma nazionale richiede un sistema di governo allargato, nel quale accanto alla programmazione ed alla regolazione pubblica convive la co-progettazione che coinvolge soggetti pubblici, privati e del privato sociale con un esercizio di responsabilita' comuni, con la normativa regionale in esame si e' voluto anche affrontare l'aspetto della qualita' dei servizi alle persone e alle famiglie e della comunicazione sociale e cio' in maniera tale da favorire l'indispensabile scambio-confronto fra esperienze professionali e necessita' sociali.
Al fine di consentire ai servizi sociali di svolgere azioni dirette ad eliminare le cause di disagio che provocano le richieste di intervento, si e' voluto con la legge in esame, anche e soprattutto con il metodo della sussidiarieta' istituzionale che trova applicazione nel conferimento di importanti azioni al sistema delle autonomie locali (Comuni e Province), far si' che il ruolo dei vari soggetti, ed in primis certamente la Regione, conduca anche ad un costante confronto e dialogo capace di favorire interventi per la riduzione o l'eliminazione dei fattori che generano difficolta' e disagio sociale.
Il D.D.L. mira ad un rafforzamento della politica regionale attraverso l'incentivazione della gestione associata dei Comuni per l'esercizio degli interventi e servizi sociali e per l'erogazione della totalita' delle prestazioni, individuando l'ambito territoriale del distretto sanitario come ottimale, anche per assicurare la migliore integrazione con i servizi sanitari.
A tal fine sono previste forme di incentivazione e disincentivazione finanziarie da parte della Regione per gli enti che assicurino o meno la gestione associata e complessiva degli interventi.
Poiche', come si e' gia' detto, i Piani di zona rappresentano lo strumento strategico dei comuni associati per il governo locale dei servizi, si stabilisce che gli stessi devono essere approvati con accordi di programma vincolanti. Attraverso i Piani di zona, i Comuni, le ASL le Province, le IPAB e gli altri soggetti del terzo settore definiscono il sistema degli interventi e dei servizi sociali, con l'obbligo di coincidenza con i Piani attuativi aziendali delle ASL per le attivita' di integrazione socio-sanitaria.
Nella consapevolezza che le prestazioni e i livelli essenziali e omogenei rappresentano uno degli aspetti piu' delicati del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali , sono state individuate le finalita' e le prestazioni e i servizi per rendere esplicite le garanzie offerte ai cittadini e per garantire in maniera integrata la presa in carico complessiva della persona e della comunita' locale.
Lavorare per la qualita': su questo punto si puo' dire che il Piemonte da tempo ha anticipato punti non secondari di questo aspetto. Basti pensare ai massicci interventi attuati a partire dagli anni '90 per il miglioramento e la realizzazione di nuove strutture e tutto cio' nella consapevolezza che una buona assistenza fornita nelle strutture socio-assistenziali testimonia il livello di qualita' di una comunita'. Sulla qualita' dei servizi non si parte, dunque, dall'anno zero ma si tratta di affinare metodologie ed interventi che rendano piu' completi, partecipati, condivisi, personalizzati, i servizi. Partendo dai destinatari degli interventi e dai loro diritti, si e' definito l'accesso ai servizi, sono state stabiliti i principi per l'adozione della Carta dei servizi ed i diritti dei cittadini, si rende obbligatoria, quale parte integrante del Piano di zona, la redazione del piano sociale e si stabilisce la redazione del bilancio sociale da parte degli enti gestori istituzionali. L'adozione di sistemi di controllo di gestione da parte dei Comuni che consentano analisi comparative di efficienza e di efficacia costituiscono, inoltre, non solo una rilevante novita', ma, anche, fonte informativa per l'utenza e per la programmazione regionale. La Carta dei servizi diventa anche condizione per i processi di accreditamento e verifica dei livelli di qualita'.
L'attribuzione ai Comuni della competenza relativa all'autorizzazione, alla vigilanza e all'accreditamento, dei servizi e delle strutture, rappresenta una ulteriore innovazione normativa. Si prevede, fra l'altro la sanzionabilita' degli illeciti amministrativi quali, ad esempio, l'esercizio non autorizzato di attivita' socio-assistenziali e la reiterata inadempienza alle disposizioni impartite in sede di vigilanza. Sono altresi' individuati i criteri in base ai quali la Giunta dovra' definire le procedure per il processo di accreditamento da parte dei Comuni.
La definitiva attribuzione ai comuni delle competenze e delle risorse sulle attivita' esercitate dalle Province relative ai non vedenti, agli audiolesi e ai figli minori riconosciuti dalla sola madre, e' la coerente conferma del ruolo che spetta ai Comuni quali titolari delle funzioni concernenti gli interventi sociali in sede locale.
Costituisce elemento di rilievo del quadro delle principali innovazioni normative introdotto con il presente D.D.L., il riconoscimento della famiglia quale soggetto fondamentale e primario per la formazione e la cura delle persone e quale ambito unitario per ogni intervento riguardante la salute, l'educazione, lo sviluppo culturale e la sicurezza sociale. In particolare si promuovono ed incentivano diverse iniziative, come: forme di sostegno alternative al ricovero quale l'assegno di cura, interventi per il soddisfacimento di esigenze abitative quali ad esempio interventi innovativi di residenzialita' temporanea, diurna, notturna e stagionale, ovvero il recupero del patrimonio residenziale attraverso frazionamenti delle unita' abitative eccedenti le ordinarie necessita' degli anziani, ed ancora: iniziative di riorganizzazione dei servizi pubblici per coordinarli alle esigenze familiari e la costituzione di "Banche del Tempo".
Ulteriori novita' sono poi costituite dalla previsione di specifiche e mirate iniziative quali:
- promozione di attivita' di servizio civile volontario per i giovani, anche nello spirito della legge 6/3-2001, n. 64, "Istituzione del servizio civile nazionale" e di servizio civico volontario delle persone anziane per favorire la loro partecipazione alla vita sociale e culturale della comunita' nella quale vivono;
- previsione di contributi ai comuni ed altri enti pubblici perche' ristrutturino propri immobili da affidare gratuitamente ad organizzazioni di volontariato per la propria sede, nonche' previsione di contributi diretti alle organizzazioni di volontariato per mutui dalle stesse contratti per sostenere la propria attivita';
- definizione di criteri per l'utilizzo da parte dei Centri di servizio per il volontariato dei propri fondi, prevedendo in particolare il diretto finanziamento di progetti alle organizzazioni di volontariato.
La linea ispiratrice del D.D.L. come sviluppo della legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, la 328/2000, e' stata quella di intendere i servizi sociali come un sistema compiuto di aiuto alla persona e alla comunita'. Obiettivo raggiungibile attraverso una rete di servizi in grado di far superare ai cittadini le situazioni di sofferenza dovute ai bisogni insoddisfatti, che garantisca qualita' della vita, pari opportunita' e i diritti di cittadinanza in coerenza con quanto disposto dagli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione. Una legge che cammina con il coinvolgimento di soggetti pubblici e privati, attraverso la sussidiarieta' che e' il principio che garantisce l'autonomia di tutti i soggetti, riconoscendone la responsabilita' dell'azione ma anche l'esigenza che ciascun soggetto operi in maniera sussidiaria , completando e integrando, secondo le proprie capacita' e responsabilita', le risposte da dare "al sociale". Una legge che costituisce anche una sfida per la Regione e per gli altri soggetti coinvolti per le opportunita' e gli stimoli culturali e organizzativi che essa contiene.
Ai fini della verifica delle ricadute di carattere economico prodotte dall'applicazione della presente normativa, occorre innanzitutto precisare che la normativa medesima non introduce, se non in minima parte, la previsione di attivita' e di interventi che non siano gia' previsti dalla legislazione previgente, ma si pone l'obiettivo di ridisegnare le modalita' per la programmazione, l'organizzazione e l'erogazione dei servizi gia' realizzati dagli enti locali con l'obiettivo di razionalizzare l'esistente e favorire una omogenea distribuzione dei servizi sul territorio, assicurando a tutti i cittadini livelli omogenei di prestazioni individuate come essenziali.
Analizzando quali siano i soggetti sui quali ricade l'onere finanziario della realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, si rileva come il soggetto primario sia da individuarsi nel Comune il quale, come titolare delle funzioni amministrative relative alla realizzazione delle attivita', e' tenuto a garantire risorse finanziarie che, affiancandosi alle risorse messe a disposizione dallo Stato, dalla Regione e dagli utenti, possano fornire risposte adeguate ai bisogni sociali espressi dal proprio territorio.
In questi ultimi anni si e' assistito ad un crescente impegno finanziario dei Comuni per la realizzazione dei servizi sociali, impegno che, per l'anno 2000, si e' concretizzato in una spesa complessiva di circa 300 miliardi di lire (155 milioni di euro).
Per parte propria la Regione interviene gia' da anni, ai sensi della l.r. 62/95 e prima ancora ai sensi della l.r. 20/82, con proprie risorse di parte corrente inserite in un apposito Fondo regionale per la gestione dei servizi socio-assistenziali per supportare finanziariamente gli enti locali nella realizzazione dei servizi sociali; nel corso dell'anno 2001 sono stati ripartiti tra i Comuni singoli o associati 101,331 miliardi di lire (52.333.094 euro) e quindi nella misura di circa un terzo rispetto alle risorse messe a disposizione dai Comuni medesimi; a tali risorse vanno aggiunti, tra l'altro, ulteriori 34 miliardi (17.559.530 euro) per servizi specifici destinati ai disabili fisici e psichici.
Un ulteriore flusso finanziario per la realizzazione dei servizi sociali e' stato attivato con l'approvazione della legge quadro nazionale n. 328/2000, grazie alla quale lo Stato, a partire dell'esercizio finanziario 2001, ha trasferito alla Regione ulteriori 65,8 miliardi (34 milioni di euro) che sono stati successivamente distribuiti tra gli enti istituzionali gestori delle attivita' socio-assistenziali.
Occorre, infine, rilevare come le prestazioni sociali a rilievo sanitario relative agli anziani non autosufficienti, ai disabili e le attivita' per la tutela materno infantile e dell'eta' evolutiva vedano la compartecipazione finanziaria del Servizio Sanitario nazionale.
Di fronte alla crescente domanda di servizi sul territorio e alla difficolta' di reperire nuove e ulteriori risorse finanziarie si impone una razionalizzazione del sistema ed un utilizzo ottimale di tutte le risorse che la societa' civile, nelle sue diverse articolazioni, e' in grado di esprimere, al fine di assicurare ai cittadini le necessarie risposte ai loro bisogni.
In questo senso, la presente legge prevede incentivi finanziari per quei Comuni che esercitino le attivita' mediante forme associative che consentano gestioni efficaci ed efficienti, con ambiti territoriali non troppo limitati che favoriscano economie di scala e possibilmente coincidenti con i distretti sanitari, per realizzare una piu' efficace integrazione fra le attivita' sociali e le attivita' sanitarie.
Un approfondimento a parte merita l'introduzione dei livelli essenziali e omogenei delle prestazioni sociali (art. 19), nonche' dei livelli essenziali delle prestazioni ad integrazione socio-sanitaria (art. 20), in quanto e' evidente che la ricaduta in termini economici dipendera' dall'individuazione della misura dei livelli medesimi.
Per quanto attiene alle prestazioni di natura esclusivamente sociale, l'art. 19 prevede, comunque, una preventiva concertazione tra la Regione, i Comuni e le altre forze sociali interessate, che consentira' di individuare livelli che inducano costi sostenibili e condivisi dagli Enti locali.
Aspetti piu' problematici riveste invece l'applicazione dei livelli essenziali delle prestazioni ad integrazione socio-sanitaria gia' individuati dal D.P.C.M. 29/11/2001, che prevede una minor compartecipazione della Sanita' alle spese delle prestazioni medesime rispetto a quella assicurata fino all'anno 2001; i maggiori oneri, quantificati dall'Assessorato alla Sanita' in 120 miliardi di lire, andrebbero a gravare sui Comuni e sugli utenti dei servizi.
Analizzando gli oneri finanziari a carico della Regione che derivano dall'attuazione della proposta normativa, si rileva come la proposta medesima non comporti, essenzialmente, per la Regione oneri finanziari aggiuntivi (tranne quelli esplicitati piu' avanti) rispetto a quelli gia' previsti nella proposta di bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2002.
Gli oneri regionali complessivi per la spesa corrente derivanti dall'applicazione della presente legge, che si configura come legge-quadro, all'interno della quale e' quindi opportuno, per fare un'analisi complessiva, ricomprendere anche alcune specifiche leggi di promozione nel settore sociale, sono quindi quelli gia' risultanti dal citato bilancio di previsione 2002 per una somma complessiva di 180,617 miliardi (93.280.000 euro), somma pari a quella gia' disponibile nell'esercizio finanziario 2001 e all'interno della quale sono compresi anche 33,686 miliardi (17.400.000 euro) da assegnare alle Province per funzioni trasferite e delegate ai sensi della l.r. 44/2000, modificata e integrata dalla l.r. 5/2001.
All'interno della somma complessiva, la voce piu' rilevante (101,331 miliardi - 52.333.094 euro) e' quella relativa alle risorse regionali di cui all'art. 35, 4. comma, che vengono ripartite fra i Comuni singoli o associati per la gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali; per gli esercizi finanziari successivi, il 6. comma dell'art. 35 prevede che tale somma sia almeno pari a quella dell'anno precedente, incrementata del tasso di inflazione programmato.
Per la restante parte di risorse di parte corrente, la presente normativa non prevede ulteriori vincoli; sara' la Regione a decidere annualmente, sulla base delle scelte che riterra' opportuno adottare, le risorse da porre a bilancio.
Analoga considerazione vale per le spese per investimenti, in quanto, dall'applicazione della presente legge, non derivano oneri aggiuntivi rispetto a quanto gia' previsto nella proposta di bilancio di previsione 2002 (complessivamente 33,7 miliardi - 17 milioni di euro) tranne quelli conseguenti ai nuovi interventi richiamati ai commi 6 e 7 dell'art. 66.
Anche in questo caso sara' facolta' della Regione, sulla base delle risorse disponili e dei programmi che riterra' opportuno adottare, individuare annualmente le somme da destinare agli investimenti di cui all'art. 37, non derivando dalla presente proposta di legge alcun onere predeterminato.
Andando, infine, a verificare i nuovi maggiori oneri derivanti alla Regione in applicazione della presente legge (complessivamente 2 miliardi di lire - 1.032.913 euro e quindi di consistenza esigua rispetto a quelli precedentemente indicati), si rileva come questi siano individuati ai commi 5, 6 e 7 dell'art. 66 per le seguenti attivita':
comma 5) Contributi a Enti locali per la promozione del Servizio civico delle persone anziane (euro 516457);
comma 6) Contributi a soggetti pubblici per ristrutturazione immobili di proprieta' da concedere in uso gratuito a organizzazioni di volontariato (euro 258.228);
comma 7) Contributi alle organizzazioni di volontariato per il pagamento di interessi di mutui da esse contratti (euro 258.228).
Le suddette previsioni normative vogliono essere una risposta ad esigenze maturate dal territorio per la promozione della partecipazione delle persone anziane alla vita della comunita' e delle organizzazioni di volontariato. Si tratta comunque di norme a carattere innovativo e sperimentale per le quali e' di estrema difficolta' definire una precisa quantificazione dell'impatto finanziario. Si e' pertanto ritenuto di prevedere stanziamenti legati a ipotesi che tengono conto sia della potenzialita' dell'utenza sia dell'alea legata alla sperimentalita', fatto salvo un adeguamento delle risorse finanziarie in fase di stabilizzazione delle prassi amministrative.