Consiglio regionale
del Piemonte




Relazione alla Proposta di legge regionale n. 393.

Conservazione del patrimonio naturale e ripristino della funzionalita' degli ecosistemi alterati, nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile



Aggiornamento della normativa regionale a seguito del D.Lgs. 112/98.
Da molto tempo si e' manifestata l'esigenza di modificare la legge regionale 2 novembre 1982, n. 32 "Norme per la conservazione del patrimonio naturale e dell'assetto ambientale" che, pur avendo svolto egregiamente il suo compito per anni, ultimamente ha mostrato i suoi limiti. Infatti l'esperienza sul campo dei soggetti incaricati dell'applicazione della 32/82 ha evidenziato la scarsa efficacia o quanto meno l'anacronismo di alcuni suoi articoli cosi' come ora formulati, e l'assenza di alcuni altri relativi a situazioni certamente non prevedibili all'atto della sua redazione.
Ma soltanto il recente trasferimento di funzioni e competenze agli Enti Locali, previsto dal Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n.112 "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti Locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59", ha reso improcrastinabile la revisione della normativa regionale nel campo della protezione della natura.
Non sarebbe pero' sufficiente aggiornare la normativa ambientale regionale limitandosi agli interventi citati senza cogliere l'occasione per introdurre i nuovi strumenti suggeriti dalle esperienze di conservazione svoltesi all'estero e nelle altre Regioni.
Strumenti utilizzati dalla Regione Piemonte per la conservazione della natura.
Gli strumenti tradizionali a disposizione della Regione per la conservazione della natura sono il Sistema Regionale delle Aree Protette, i biotopi, la Valutazione di Impatto Ambientale e l'apposizione di vincoli e divieti.
Cronologicamente il primo strumento utilizzato e' costituito dai divieti per impedire comportamenti ritenuti dannosi e dai vincoli che limitano la libera fruizione di un bene per conservare intatta una funzione ritenuta di interesse comune. La stessa l.r. 32/82 ricorreva abbondantemente a questa logica.
La prima innovazione e' rappresentata dall'introduzione del Parco Nazionale (Yellowstone nel 1872) importato poi in Italia ed in Piemonte il 3 dicembre 1922 con la creazione del Parco Nazionale del Gran Paradiso per continuare le tradizioni delle riserve reali di caccia. La protezione della natura all'interno dei parchi e' assoluta o quasi: cio' limita la loro estensione a territori poco antropizzati o comunque dove vengono esercitate attivita' compatibili con i fini conservazionistici, come ad esempio il pascolo . La naturale evoluzione di questo strumento, diffusosi quindi sull'intero territorio nazionale, ha portato in seguito al trasferimento di queste competenze alle Regioni, negli anni settanta, all'introduzione della normativa regionale del piano dei parchi e alla creazione del Sistema Regionale delle Aree Protette. Tale documento programmatico costituisce il primo tentativo di organizzazione della tutela con l'adozione di vincoli differenziati in funzione delle caratteristiche del territorio adattandosi alla situazione contingente: tipico esempio e' costituito dalle zone di salvaguardia o zone di preparco, introdotte precedentemente e con successo in Francia per costituire intorno ai parchi nazionali, delle zone "cuscinetto" in cui le attivita' umane fossero regolamentate in modo da rendere graduale sul territorio l'introduzione dei vincoli "assoluti".
Ma gia' dagli anni ottanta si era verificata la necessita' di raccordare tra loro i parchi anche per la conservazione di alcune specie migratrici in pericolo d'estinzione, istituendo aree protette distribuite sulla loro rotta migratoria in modo da agevolarne il transito. Da tale constatazione ha origine la Direttiva 79/409 CEE del 2 aprile 1979 concernente la conservazione degli uccelli selvatici, poi completata dalla Direttiva 92/43 del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. Queste direttive, recepite dal D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 "Regolamento di attuazione della direttiva 92/42/ CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche" e dalla l.r. 3 aprile 1995, n. 47 "Norme per la tutela dei biotopi", introducevano tre importanti concetti:
1) per impedire l'estinzione delle specie in pericolo bisogna necessariamente conservarne il relativo habitat;
2) bisogna monitorare le specie in pericolo d'estinzione per verificare l'efficacia delle misure di conservazione ed affinarle in funzione dei risultati conseguiti, secondo un modello di causa-effetto e rendendo funzionali gli strumenti a disposizione;
3) l'adozione del "biotopo", area protetta di dimensioni piu' contenute perche' destinata ad infiltrarsi anche nei territori antropizzati, ed in cui le misure di conservazione sono mirate esclusivamente all'eliminazione delle cause specifiche di disturbo all'equilibrio del particolare ecosistema in esame.
Contemporaneamente si sviluppava anche il concetto di "danno ambientale" che ha trovato espressione normativa nella Legge del 8 luglio 1986, n. 349 "Istituzione del Ministero dell'Ambiente e norme in materia di danno ambientale". Tale normativa introduceva la Valutazione d'Impatto Ambientale per considerare il peso che alcune categorie di opere facevano gravare sull'ambiente, valutandone quindi la congruita' ed individuandone eventuali alternative. Non si tratta quindi di uno strumento di gestione del territorio ma di prevenzione di danni ambientali poi difficilmente riparabili.
Mancava finora uno strumento tale da rendere ottimale la gestione ambientale dei territori esclusi dal Sistema Regionale delle Aree Protette.
Il Piano Regionale per la Conservazione della Natura: concetto cardine alla presente legge.
La Legge regionale 26 aprile 2000, n. 44 "Disposizioni normative per l'attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 'Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti Locali, in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59'" affidando alla Regione compiti di programmazione e di indirizzo oltre che di controllo anche in campo ambientale, introduce l'adozione coordinata di piani e programmi settoriali.
L'innovazione principale della presente legge consiste appunto nell'adozione del Piano Regionale per la Conservazione della Natura e dei collegati Programmi Provinciali per la Conservazione della Natura.
La funzione del Piano Regionale per la Conservazione della Natura e' quella di coordinare le azioni di conservazione del patrimonio naturale evidenziando le priorita' e definendo i criteri d'intervento e le modalita' di azione. Il Piano Regionale contiene anche alcune indicazioni importanti di schietta scelta politica come il livello di tutela e quindi di risorse da impiegare per il raggiungimento dei fini della presente legge e gli obiettivi parziali verificabili per ogni anno di validita' del Piano. La possibilita' di verifica dell'efficacia delle azioni di tutela e' assicurata dal monitoraggio degli aspetti piu' indicativi dello stato di conservazione del sistema ambientale regionale e in particolare dello stato di conservazione di habitat e specie di interesse comunitario. Le eventuali correzioni e modifiche del Piano possono quindi essere attuate grazie al confronto con i dati forniti dagli Enti Locali che confluiscono nel Servizio Informatico Regionale Ambientale. Il ricorso a tale strumento informatico consente rapidi adattamenti alla situazione reale diminuendo i tempi decisionali. Altra importante indicazione del Piano e' quella relativa alle attivita' potenzialmente dannose per il sistema ambientale regionale di cui si deve individuare il massimo livello di esercizio conforme con i fini della presente legge, reale applicazione del principio dello sviluppo sostenibile. Si tratta dunque di un elaborato tecnico ma anche normativo: il Piano e' vincolante per gli Enti locali che possono essere sostituiti dalla Regione se inadempienti e per i soggetti privati che possono essere sanzionati se inosservanti le relative prescrizioni. Il prezioso equilibrio tra scelte politiche e indicazioni tecniche che trovano espressione nel Piano regionale consentono la flessibilita' attualmente richiesta per gli strumenti di programmazione. Anche qualora si manifestassero crisi ambientali improvvise ed impreviste il vantaggio offerto dall'adozione del Piano regionale risulta evidente poiche' consente di valutare la gravita' del danno ambientale in tempi ristrettissimi e quindi di progettare ed attuare le necessarie contromisure sulla base di una situazione costantemente monitorata.
Il Programma Provinciale per la Conservazione della Natura deve attuare le indicazioni del Piano regionale, recependone i criteri mediante l'individuazione di concrete e operative linee di intervento. Rappresenta quindi il momento esecutivo della presente legge contenendone le disposizioni operative. Nel rispetto delle autonomie fissate dalla normativa nazionale e regionale, gli interventi individuati che non richiedono per la loro complessita', per il ricorso a tecniche di ingegneria naturalistica oppure di estensione limitata al territorio di un singolo Comune vengono attuati dall'Ente Locale competente per territorio.
Anche nell'iter di approvazione del Piano regionale e del Programma Provinciale e' ampiamente assicurato il concorso degli Enti locali nel rispetto delle relative autonomie sancite dalle normative nazionali e regionali.
Altre caratteristiche innovative contenute nella presente legge.
La presente legge accoglie il principio dello sviluppo sostenibile come riferimento per le scelte da compiere. La sua definizione riportata nell'articolo 4 e' stata mutuata dalla normativa della Regione Toscana che si e' posta all'attenzione per la sua funzionalita': e' importante perche' riconosce giustamente la possibilita' di uno sviluppo guidato dal concetto di conservazione delle disponibilita' delle risorse e quindi delle opportunita' anche per le generazioni future.
Come d'altronde gia' nella l.r. 32/82, si riconosce e si ribadisce l'importanza della prevenzione e quindi soprattutto dell'educazione dei cittadini poiche' certamente solo con la loro consapevole adesione ai principi della presente legge e con la convinta collaborazione di tutte le componenti sociali si possono conseguire risultati apprezzabili nella conservazione del patrimonio naturale.
In quest'ottica e in conformita' con la l. 11 Agosto 1991, n. 132 "Legge-quadro sul volontariato" e con la l.r. 44/2000, si riconosce un ruolo importante alle Associazioni dei cittadini come esempio, come partecipazione alle scelte ambientali e come condivisione delle responsabilita' nella gestione della "reppublica".
Sono state colmate anche le lacune riguardanti le definizioni di "terreno boscato e cespugliato" la cui mancanza ha causato problemi nell'applicazione della l.r. 9 giugno 1994, n. 16 "Interventi per la protezione dagli incendi", definizioni ispirate al concetto della funzionalita' del bosco.
Il riconoscimento dell'importanza del patrimonio genetico rappresentato dalle specie, razze e cultivar tradizionali di vegetali e animali domestici a rischio d'estinzione ha condotto all'elaborazione della normativa della regione Veneto estendendo le misure di salvaguardia della biodiversita' previste per le specie legnose autoctone anche agli ortaggi e agli animali domestici intesi a loro volta come espressione di biodiversita'.
Altre innovazioni riguardano la pratica dell'innevamento programmato, dello sci fuoripista e del volo alpino, la cui disciplina e' stata ispirata dall'esperienza della provincia Autonoma di Trento. Una maggiore attinenza alla l. 23 agosto 1993, n. 352 "Norme quadro in materia di raccolta e commercializzazione dei funghi epigei freschi e conservati", anche consigliata dalle Associazioni micologiche che sono interlocutori previsti dalla citata normativa, e' alla base della revisione degli articoli relativi alla raccolta dei funghi epigei spontanei. Si sottolinea l'introduzione dei corsi di micologia elementari obbligatori per la concessione del tesserino, a garanzia della salute degli stessi raccoglitori e di un piu' responsabile loro comportamento.
Altro merito della presente legge e' quello di indicare la quota minima destinabile alle iniziative di protezione del patrimonio naturale della Regione, che e' garanzia dello sviluppo sociale ed economico delle future generazioni nonche' della salute dei cittadini: certamente si tratta di una piccolissima percentuale delle entrate della Regione Piemonte, l'un per mille appena, ma incrementabile in funzione delle future esigenze.
Per quanto concerne le Guardie Ecologiche Volontarie gia' previste dalla l.r. 32/82 si e' aggiornata la normativa regionale ispirandosi alla l.r. 3 luglio 1989, n. 23 "Disciplina del servizio volontario di vigilanza ecologica" della Regione Emilia Romagna: in questa regione l'organizzazione del servizio ha fatto riscontrare risultati lusinghieri. La caratteristica vincente sembra essere costituita dall'accordare una certa autonomia operativa alle forme di aggregazione spontanee dei volontari, secondo quanto indicato anche nella L. 11 agosto 1991, n. 266 "Legge-quadro sul volontariato". L'impiego dei volontari per la sorveglianza ambientale ma soprattutto per compiti di formazione ed educazione ambientale si e' dimostrato molto utile in passato e potra' diventare fondamentale per la riuscita di politiche ambientali che richiedono l'adesione sempre piu' conscia dei cittadini.
La presente legge rappresenta quindi quanto al momento si possa proporre di piu' funzionale e di piu' aggiornato.

Relazione Tecnica

- Generalita'

La proposta di legge ha lo scopo di intervenire finanziariamente per conservare il patrimonio naturale regionale. Nell'attribuire le funzioni alla regione, alle province, ai Comuni, comunita' montane e ambiti ottimali, la proposta individua un piano regionale per la conservazione della natura e prevede criteri, modalita' specifiche di contribuzione e sanzioni amministrative in caso di violazioni. La legislazione esistente che si intende abrogare, e' finanziata nel bilancio 2002 ai capitoli di spesa nn. 15250, 15640 ricompresi nella UPB n. 22011 (Tutela ambientale gestione rifiuti Prevenzione tutela risanamento ambientale Titolo I - spese correnti) e capitolo di spesa n. 26940 ricompreso nella UPB n. 22012 (Tutela ambientale gestione rifiuti Prevenzione tutela risanamento ambientale Titolo II - spese d'investimento).

- Riferimento al bilancio annuale

La spesa regionale annuale consta in una quota pari all'uno per mille delle entrate del bilancio annuale di riferimento. Si tratta di spesa in conto corrente. In particolare vengono aperti, nello stato di previsione della spesa del bilancio 2002, con dotazione "per memoria", i seguenti capitoli di spesa aventi le rispettive denominazioni:
- "Spese per iniziative formative, borse di studio, documentazione ed informazione volte alla conservazione del patrimonio naturale";
- "Contributi agli enti locali territoriali per iniziative in materia di informazione, sensibilizzazione e documentazione per la conoscenza delle problematiche ambientali ed un corretto utilizzo delle risorse";
- "Contributi ai soggetti privati per il sostegno delle attivita' di mantenimento o ripristino della biodiversita', delle azioni di recupero ambientale, delle attivita' volte alla tutela della flora spontanea";
- "Erogazione di fondi alle province per l'esercizio delle funzioni conferite";
Sono inoltre previsti contributi in conto capitale a soggetti pubblici e privati per l'esecuzione degli interventi volti ad azioni per il mantenimento o il ripristino della biodiversita', azioni di recupero ambientale, delle attivita' volte alla tutela della flora spontanea.
Non e' previsto, al momento, stanziamento alcuno nel bilancio di previsione 2002.
Si rimanda alle risorse individuate dal piano regionale per la conservazione della natura.

- Riferimento al bilancio pluriennale

Non sono previste dotazioni finanziarie specifiche nel bilancio pluriennale 2002-2004.

Riformulazione articolo finanziario.

Art. 34. (Disposizioni finanziarie)
1. La Regione stanzia annualmente per il raggiungimento degli scopi della presente legge una quota in rapporto dell'uno per mille delle sue entrate, mediante l'istituzione nella UPB n. 22011 (Tutela ambientale gestione rifiuti Prevenzione tutela risanamento ambientale Titolo I - spese correnti), nello stato di previsione della spesa corrente del bilancio 2002, "per memoria", di appositi capitoli con le seguenti denominazioni:
a) "Spese per iniziative formative, borse di studio, documentazione ed informazione volte alla conservazione del patrimonio naturale";
b) "Contributi agli enti locali territoriali per iniziative in materia di informazione, sensibilizzazione e documentazione per la conoscenza delle problematiche ambientali ed un corretto utilizzo delle risorse";
c) "Contributi ai soggetti privati per il sostegno delle attivita' di mantenimento o ripristino della biodiversita', delle azioni di recupero ambientale, delle attivita' volte alla tutela della flora spontanea";
d) "Erogazione di fondi alle province per l'esercizio delle funzioni conferite";
2. Sono altresi' istituiti nella UPB n. 22012 (Tutela ambientale gestione rifiuti Prevenzione tutela risanamento ambientale Titolo II - spese d'investimento) nello stato di previsione della spesa d'investimento del bilancio 2002 i capitoli, aventi dotazione finanziaria "per memoria", con le seguenti denominazioni:
- "Contributi in conto capitale a soggetti pubblici per l'esecuzione degli interventi volti ad azioni per il mantenimento o il ripristino della biodiversita', azioni di recupero ambientale, delle attivita' volte alla tutela della flora spontanea"
- "Contributi in conto capitale a soggetti privati per l'esecuzione degli interventi volti ad azioni per il mantenimento o il ripristino della biodiversita', azioni di recupero ambientale, delle attivita' volte alla tutela della flora spontanea".
3. Le risorse vengono ripartite in funzione delle priorita' individuate dal Piano regionale per la conservazione della natura.