Consiglio regionale
del Piemonte




Relazione al Disegno di legge regionale n. 375.

Modifiche alla legge regionale 2 luglio 1999, n. 16 (Testo unico delle leggi sulla montagna), come modificata dalla legge regionale 23 marzo 2000, n. 23 in attuazione dell'articolo 7, comma 2 della legge 3 agosto 1999, n. 265 (Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli Enti locali, nonche' modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142) e del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico delle Leggi sull'Ordinamento degli Enti locali)



Il disegno di legge di modifica della legge regionale 2 luglio 1999, n. 16 (Testo unico delle leggi sulla montagna), viene proposto a circa un anno dall'entrata in vigore del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico delle Leggi sull'Ordinamento degli Enti locali), che, alla sua emanazione, aveva suscitato non pochi dubbi e difficolta' interpretative, in parte risolti nei mesi scorsi dal Ministero dell'Interno.
La nuova normativa in materia di ordinamento degli Enti locali si colloca in linea con le tendenze in senso sempre piu' spiccatamente autonomistico manifestate dalla legislazione degli ultimi anni e in particolare dalle recenti riforme costituzionali, introducendo nuovi principi cui la Regione ha dovuto adeguare la propria legislazione in tema di Comunita' montane.
Sotto questo profilo, va rilevata, innanzitutto, la definitiva equiparazione delle Comunita' montane alle unioni di comuni, che va a completare il percorso gia' avviato dalla legge 3 agosto 1999, n. 265 (Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonche' modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142), che aveva definito le Comunita' montane "unioni montane". Tale assimilazione, cui si ricollega l'applicabilita' delle disposizioni in materia di unioni di comuni, e, in particolare, delle norme relative al contenuto degli Statuti e alla composizione degli organi proprie dei Comuni, ha reso superata gran parte della disciplina originariamente dettata dalla legge regionale 16/1999.
Il disegno di legge in questione, in armonia con i nuovi principi, consente un largo margine di autonomia agli Enti montani nella predisposizione dei propri Statuti, autonomia che si estende fino alla possibilita' di definire in via indipendente tanto il numero dei rappresentanti di ciascun Comune in seno all'organo rappresentativo, quanto le modalita' di elezione dell'organo esecutivo. A questo livello, il legislatore regionale, indicando il numero massimo dei rappresentanti eleggibili da ciascun Comune, si limita a mantenere funzioni di coordinamento, finalizzate soprattutto a rendere il piu' possibile omogenea la composizione degli organi rappresentativi degli Enti montani sul territorio. Anche tale funzione si pone in linea con l'evoluzione della normativa piu' recente in materia di Enti locali, che, nel conservare in capo alla Regione tutte le funzioni in tema di disciplina della programmazione e di definizione delle procedure di raccordo con gli altri Enti locali, oltre a quelle di incentivo allo sviluppo e alla valorizzazione del territorio montano gia' previste dalla legge 31 gennaio 1994, n. 97 (Nuove disposizioni per le zone montane), evidenzia la necessita' di interpretare in maniera innovativa il ruolo della Regione nel governo del territorio.
In questa stessa ottica deve essere vista la ridelimitazione delle zone montane operata dall'articolo 3 del disegno di legge in questione, effettuata in attuazione del disposto dell'articolo 7, comma 2, della legge 3 agosto 1999, n. 265. La nuova ricomposizione delle zone omogenee, infatti, e' stata predisposta tenendo conto non solo del ruolo rivestito dalla Comunita' montana come ente di riferimento quale livello ottimale di esercizio delle funzioni, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della legge regionale 26 aprile 2000, n. 44, quanto, soprattutto, sulla base delle volonta' espresse dalle amministrazioni dei Comuni e delle Comunita' montane stesse.
La ridelimitazione degli ambiti territoriali delle Comunita' montane ha comportato, da un lato, un'apertura degli Enti montani a Comuni che, pur non avendo caratteristiche di montanita', costituiscono comunque parte integrante del sistema geografico e socioeconomico delle Comunita', apertura auspicata anche dalla legislazione meno recente e finalizzata ad un migliore e piu' efficace svolgimento delle funzioni in forma associata. In tale ambito, tra l'altro, si manifesta appieno l'ampiezza dell'autonomia concessa alle Comunita' Montane, che, proprio in virtu' delle peculiarita' delle funzioni assolte dai Comuni non montani che ora includono, sono lasciate libere di deciderne modi e forme di partecipazione all'assetto istituzionale dell'Ente.
Tale ridelimitazione ha comportato l'inserimento in Comunita' montana di 29 Comuni non montani (di cui 14 in Provincia di Alessandria, 3 in Provincia di Biella, 1 in provincia di Cuneo, 4 in provincia di Novara, 4 in provincia di Torino, 3 nel VCO ) e di due Comuni parzialmente montani. Nel complesso, e' stato pertanto modificato l'assetto territoriale di 16 Comunita' montane, 3 in provincia di Alessandria, 4 in provincia di Biella, 3 in provincia di Cuneo, 1 in provincia di Novara, 4 in provincia di Torino, 1 nel VCO .