Consiglio regionale
del Piemonte




Relazione al Disegno di legge regionale n. 513.

Disciplina, sviluppo ed incentivazione del commercio in Piemonte (In attuazione del decreto legisltivo 31 marzo 1998, n. 114)



La riforma del commercio
E' opinione assai diffusa che la regolamentazione del settore distributivo italiano, principalmente fondata sulla L. 426/71 e sul relativo regolamento di attuazione (D.M. 375/88), fosse non solo datata ma ormai inadeguata e non rispondente alle reali esigenze di regolamentazione del commercio.
L'iniziativa di una generale riforma del commercio era percio' molto attesa, dopo un dibattito ormai ventennale, cui non avevano pero' fatto seguito determinazioni definitive da parte del Legislatore nazionale.
Nel contempo il comparto commerciale e' stato attraversato da radicali trasformazioni, che ne hanno modificato in modo irreversibile la struttura organizzativa e occupazionale. Le trasformazioni, che hanno inciso in misura diversa da Regione a Regione, hanno portato alla generale diffusione del cosiddetto dettaglio moderno, a scapito delle forme piu' tradizionali di commercio. Anche in Piemonte, dall'inizio degli anni Novanta, la grande distribuzione organizzata ha fatto segnare un aumento di punti di vendita superiore al 60%. Parallelamente si e' registrata una massiccia flessione dei negozi fino a 80 mq. di superficie di vendita, soprattutto nel settore alimentare, mentre nel settore non alimentare hanno tenuto gli esercizi di medie dimensioni, tra gli 80 e i 200 mq..
Anche la dinamica occupazionale ha riflesso questo andamento con un aumento del lavoro dipendente nella grandi e medie strutture, e una conseguente diminuzione della componente di lavoro autonomo. Se fino al 1996 il saldo tra queste due componenti e' stato positivo, nel 1997 si e' verificata una inversione di tendenza, con una contrazione netta degli occupati del settore commerciale.
Cio' premesso, non si deve comunque ritenere che l'evoluzione registrata in ambito nazionale, e piemontese, comporti una totale e necessaria omogeneizzazione rispetto alle tendenze piu' marcate di sviluppo della grande distribuzione registrate in altri contesti, ad esempio sul territorio francese. Resteranno pur sempre insuperabili le peculiarita' sociali e territoriali che marcano il nostro sistema distributivo italiano: la frammentazione legata a una rete di piccole imprese, di negozi di vicinato, con un notevole consenso sociale; l'articolazione territoriale e la distribuzione della popolazione in contesti socialmente e morfologicamente estremamente differenziati; lo "spirito imprenditoriale" che contraddistingue soprattutto le aree del nord, e che si riflette su una platea di PMI che non ha eguali a livello internazionale.
Si puo' dunque fondatamente ritenere che l'espansione della grande distribuzione trovera' forme di adattamento e di alleanza con il commercio di vicinato, con le nicchie specialistiche. Queste ultime possono e debbono giocare la carta della qualita', ad esempio in campo alimentare, potendo anche contare - massimamente in Piemonte - su una ricca tradizione gastronomica, con una diversificazione di prodotti tipici locali che richiede una rete di vendita meno massificante.
Si deve comprendere l'esigenza di un sistema distributivo adeguato al grado di sviluppo socioeconomico del Piemonte, coinvolgendo anche il mondo produttivo che, specie per il comparto alimentare, per la presenza di una peculiare tradizione di alto livello, potrebbe trarre i massimi benefici dall'affermarsi di un modello distributivo italiano congruente al sistema di valori espresso dai partner produttivi, dunque con una particolare attenzione al servizio, all'assistenza al cliente, alla certificazione di qualita'.
L'obiettivo e' quello di assicurare al Piemonte una struttura distributiva in grado di essere competitiva nel suo complesso, senza distinzioni tra dettaglio tradizionale e moderno. E' questo il motivo di fondo che impronta la revisione delle norme legislative regionali che regolano il commercio, per offrire strumenti piu' incisivi alla politica del credito e per introdurre norme piu' elastiche, volte ad apprezzare le diverse realta' distributive e le distinte funzioni, non solo prettamente commerciali, che esse sono chiamate a svolgere.
Cio' che e' emerso con sempre maggiore consapevolezza e' la necessita' di considerare il settore distributivo come un protagonista di prima grandezza, al pari dei comparti piu' strettamente produttivi, per assicurare lo sviluppo economico e sociale, superando la considerazione del commercio come settore in qualche misura "residuale", in grado tra l'altro di svolgere funzioni di ammortizzatore sociale ed occupazionale. Le dinamiche di una societa' moderna, le preferenze sempre piu' differenziate di un pubblico che ha ormai superato la fase del consumo massificato, l'esigenza e la capacita' dei consumatori di acquisire conoscenze e informazioni su un numero pressoche' illimitato di beni e servizi, comportano una continua e per certi versi convulsa evoluzione del terziario, il cui livello qualitativo e' sempre piu' intimamente connesso alle caratteristiche del mondo produttivo.
Anche per il Piemonte, investito - al pari di altre regioni ad alto livello di sviluppo - da queste innovazioni, si pone l'inderogabile necessita' di riqualificare il tessuto commerciale, che risponde a una presenza territoriale tradizionalmente assai diffusa, in cui alla valenza commerciale si sovrappone spesso una valenza sociale significativa, specie nelle aree rurali e montane e nei centri minori.
Dal punto di vista prettamente amministrativo, a livello nazionale si e' registrata, pur nell'invarianza della norma di base, una lenta evoluzione tendente ad allentare i meccanismi di controllo - relativi a contingenti, autorizzazioni, licenze, concessioni, sanzioni - puntando ad accelerare e ad alleggerire gli iter procedurali. In particolare, con la L. 241/90 si sono introdotte significative semplificazioni nel procedimento, con i meccanismi della denuncia di inizio attivita' e del silenzio-assenso, e con la L. 287/90 si e' varata la normativa a tutela della concorrenza e del mercato. Il valore della concorrenza, in quanto mirato a salvaguardare i consumatori, e' stato assunto a rango di interesse pubblico che, in quanto tale, deve essere salvaguardato e contemperato con tutti gli altri interessi pubblici rilevanti.
L'iniziativa legislativa regionale fa seguito all'intervento del Legislatore nazionale che ha inteso inquadrare la riforma del commercio nel piu' generale processo di riforma amministrativa posto in essere con le leggi "Bassanini". In particolare, il 31.3.1998 il Consiglio dei Ministri ha approvato il D.Lgs. 114, contenente la "riforma della disciplina del commercio" emanato in attuazione della L. 59/97.
Seguendo un'impostazione di generale semplificazione dell'azione amministrativa e di accentuato snellimento dei meccanismi di accesso all'esercizio dell'attivita', il D.Lgs. 114/98 fissa, in particolare, i principi di ordine generale che le Regioni e gli Enti locali dovranno rispettare nella predisposizione della normativa del settore, secondo le rispettive competenze.
La regolamentazione del settore e' affidata alle Regioni che sono tenute a definire gli indirizzi generali per l'insediamento delle attivita' commerciali, nonche' i criteri di pianificazione urbanistica riferiti al settore, con specifiche indicazioni riguardo al contenuto degli strumenti urbanistici comunali.
Particolare rilievo assumono, fra le finalita' generali e gli obiettivi per le Regioni di cui agli articoli 1 e 6, il ruolo dell'urbanistica come strumento privilegiato di orientamento e di controllo, e la tutela della concorrenza quale principio ispiratore prioritario.
Appare evidente l'intento del Legislatore di mettere in risalto, quali valori fondamentali per la regolamentazione, l'aspetto urbanistico - territoriale e l'impatto ambientale del commercio, con particolare riferimento alle esigenze di salvaguardia, fra le altre realta' territoriali, delle aree montane e rurali, dei centri minori, dei centri storici e delle zone urbane degradate.
Importanza strategica riveste l'articolo 2 del D.Lgs. 114/98 che, attraverso un esplicito richiamo all'articolo 41 della Costituzione e ai contenuti della L. 287/90 in materia di concorrenza, evidenzia la reale portata innovativa della nuova disciplina. I criteri regionali e comunali e le motivazioni delle decisioni dovranno trovare radicamento nell'articolo 2, che sintetizza i principi ispiratori della riforma.
Oggetto di particolare attenzione da parte del legislatore statale sono inoltre gli aspetti, strumentali rispetto alla realizzazione degli obiettivi della riforma, delle scelte di programmazione a livello regionale, delle forme di incentivazione, qualificazione professionale, assistenza tecnica globale alle imprese e del regime degli orari dei negozi.
Il D.D.L. regionale: obiettivi e contenuti
Nel rispetto dei contenuti sopra delineati, si propone, in attuazione delle competenze conferite alla Regione dal D.Lgs. 114/98, l'adozione del D.D.L. regionale avente ad oggetto la "Disciplina, sviluppo ed incentivazione del commercio in Piemonte, in attuazione del Decreto legislativo 31-3-1998 n. 114".
La ragione per la quale si ritiene di fare ricorso ad uno strumento legislativo, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, risiede nell'esigenza di individuare, fra tutte le enunciazioni di principio e le disposizioni di dettaglio del D.Lgs., le finalita', le linee e gli obiettivi strategici per l'attuazione della riforma a livello regionale.
Solo un atto avente la forza ed il valore della legge puo' conferire, ad enunciazioni di principio ed a disposizioni di dettaglio, la pregnanza e l'intangibilita' necessarie a garantirne l'attuazione nel tempo.
Inoltre, affinche' la nuova normativa regionale sia posta in condizione di rispondere alle necessita' di generale riforma piu' sopra prospettate, si e' ritenuto di procedere a una generale revisione legislativa, che permetta di racchiudere in un solo testo gli elementi piu' significativi dell'azione regionale in questo settore, ricomprendendo dunque sia i contenuti normativi che quelli promozionali.
Particolare rilevanza assume il ruolo affidato alle Amministrazioni comunali chiamate, in varia forma, a rendere concretamente operanti le disposizioni regionali, conformemente al principio informatore della riforma "Bassanini", vale a dire il principio della sussidiarieta'. Ai Comuni vengono pertanto affidate tutte le funzioni che attengono alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunita'.
Per il principio di completezza la Regione si riserva, parallelamente, un ruolo di coordinamento e di programmazione generali nei settori del commercio, per lo piu' attraverso la definizione di criteri ai Comuni, ma anche attraverso una normazione piu' pregnante, nel caso di funzioni che richiedano l'unitario esercizio a livello regionale.
Particolare attenzione viene riservata agli aspetti urbanistici della materia, per garantire il reale funzionamento della programmazione regionale. In merito vengono proposti meccanismi normativi di natura prescrittiva, ai sensi dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, per l'adeguamento della normativa regionale ai nuovi contenuti.
Vengono inoltre ribadite:
- la perentorieta' del termine di 180 giorni, per l'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali ai contenuti delle disposizioni regionali e l'effettivita' dell'azione di controllo sostitutivo regionale, in caso di inerzia o difformita' nell'attivita' di adeguamento a livello locale.
Altro aspetto strategico, agli effetti dell'attuazione dei contenuti della riforma, e' costituito dalle disposizioni in tema di credito e di orari.
Questi due settori di intervento potranno fungere da strumenti essenziali per la concreta realizzazione dei contenuti della programmazione regionale.
Un'attenta politica di gestione degli incentivi fiscali, finanziari, formativi in senso esteso, alle imprese, puo' fungere da strumento atto a correggere gli automatismi del mercato, sia nel senso di facilitare la realizzazione di iniziative considerate funzionali al sistema, ma non ritenute remunerative in condizioni normali, sia per consentire il miglioramento del servizio rivolto a particolari categorie di consumatori.
I nuovi strumenti di credito - ferma restando la disciplina della L.R. 57/95 e successive modificazioni e integrazioni, che gia' prevede interventi in conto capitale a favore delle PMI commerciali - si concretizzano nel concorso della Regione:
a progetti promossi da operatori commerciali ed enti locali, mirati alla valorizzazione del tessuto commerciale urbano e alla creazione di centri commerciali naturali;
a programmi di investimento di piccole e medie imprese commerciali, inerenti l'innovazione gestionale e tecnologica, la certificazione di qualita', la formazione dell'aggiornamento professionale;
al fondo rischi dei consorzi e delle cooperative di garanzia collettiva fidi;
alla costituzione dei centri di assistenza tecnica e del loro finanziamento per l'attuazione di specifici progetti.
Molteplici le forme di intervento contemplate dalla nuova normativa: concessione di garanzie sul prestiti, bonus fiscale, contributi in conto capitale e in conto interessi, finanziamento agevolati, finanziamenti su operazioni di leasing e di ingegnerizzazione finanziaria. Gli interventi verranno attuati con procedimento automatico, valutativo e negoziale.
Analogamente, un regime di orari connotato da una discreta elasticita', con possibilita' di apertura nei giorni festivi ed opportunita' di apertura in orario notturno, consente certamente una migliore graduazione del servizio rispetto alle esigenze dei consumatori, con particolare riguardo alle aree urbane degradate, rurali e montane da incentivare.
Uno degli elementi maggiormente innovativi della nuova normativa e' rappresentato dall'attenzione dedicata al momento della formazione professionale, al fine di promuovere l'ammodernamento della rete distributiva e a garanzia della qualita' del servizio commerciale. La legge prevede dunque la costituzione e la disciplina dei centri di assistenza tecnica - con il diretto coinvolgimento delle associazioni rappresentative di categoria - con il compito di svolgere a favore delle imprese commerciali attivita' di assistenza tecnica, formazione e aggiornamento in materia di innovazione tecnologica e organizzativa, di gestione economica e finanziaria di impresa, di accesso ai finanziamenti anche comunitari, di sicurezza e tutela dei consumatori, di tutela dell'ambiente, di igiene e sicurezza sul lavoro, di interventi finalizzati alla introduzione di sistemi di qualita' ed alla loro certificazione.
Disposizioni particolari sono previste per il commercio su area pubblica, quale valida forma di alternativa e completamento della rete del commercio in sede fissa.
Il D.D.L. comprende altresi' la regolamentazione delle vendite straordinarie di liquidazione e di fine stagione.
Particolare attenzione e' riservata inoltre agli aspetti attuativi dei contenuti della legge. In proposito, oltre che attraverso una serie di apposite norme di salvaguardia, e' prevista e ribadita in via piu' generale, la funzione regionale di vigilanza sulla attuazione della legge in tutti i suoi aspetti.
Disposizioni transitorie tendono infine a graduare il passaggio verso la nuova normativa e a consentire e garantire la corretta definizione delle fattispecie insolute.
Per il rispetto dei tempi previsti dal D.Lgs. 114/98 per l'espletamento degli adempimenti regionali, e' introdotta, infine, la clausola per la promulgazione e la pubblicazione della legge in forma abbreviata.
Esame dell'articolato
Dopo l'inquadramento generale degli obiettivi del D.D.L., si ritiene opportuno una breve disamina del contenuto delle singole disposizioni.
Nel ribadire l'esigenza della partecipazione delle componenti sociali interessate e degli enti locali ai processi decisionali, nonche' il rispetto delle esigenze di semplificazione dell'azione della pubblica amministrazione, all'articolo 1 sono delineate le finalita' cui la Regione intende informare i propri interventi nel comparto del commercio. Fra tutte un ruolo primario e' assunto dal valore della concorrenza e, conseguentemente, dall'esigenza di miglior tutela del consumatore, sotto il profilo del servizio, della qualita' dell'offerta e dell'adeguatezza dei prezzi.
Altro principio di fondo e' il perseguimento della modernizzazione e dello sviluppo della rete distributiva, attraverso il pluralismo fra le tipologie di strutture, con particolare attenzione alla valorizzazione del ruolo delle piccole e medie imprese. Un aspetto imprescindibile e' rappresentato dalle esigenze di salvaguardia e valorizzazione del servizio commerciale nelle aree urbane, rurali e montane.
II momento del confronto concertativo deve caratterizzare, a norma della l.r. 34/98, tutto il processo decisionale conseguente all'approvazione della presente legge, stante la ricaduta complessiva sul sistema delle Autonomie locali. L'impatto sul sistema economico-produttivo potra' richiedere, altresi', l'attivazione dei Comitati di cui all'art. 7, comma 7 della citata legge regionale 34/98. Pertanto si e' ritenuto esaustivo ed onnicomprensivo il richiamo contenuto nel comma 3 dell'art. 1, ai fini di una coerente applicazione dei disposti della cosiddetta legge "madre".
All'articolo 2 sono elencati, per esigenze di sistematicita', funzioni e compiti conferiti alla Regione dal D.Lgs. 114/98, nei vari comparti di intervento.
L'articolo 3 individua il contenuto degli atti della programmazione regionale, sia in riferimento agli indirizzi generali per l'insediamento delle attivita' commerciali in sede fissa, di cui all'articolo 6 c. 1 del D. Lgs., sia ai criteri di urbanistica commerciale, di cui al c. 2 dello stesso articolo, elemento di fondo per una riforma che riserva una particolare attenzione all'assetto del territorio.
L'adozione degli strumenti di programmazione e' demandata a successivo, seppur contestuale, atto deliberativo del Consiglio Regionale, cosi' come gli eventuali successivi aggiornamenti.
Lo stesso articolo 3 demanda ad apposito atto deliberativo della Giunta regionale la regolamentazione delle procedure relative alle comunicazioni di cui all'articolo 7 del D.Lgs. 114/98 ed alle autorizzazioni commerciali di cui agli articoli 8 e 9 del D.Lgs. 114/98. Viene inoltre riservato alla Regione di indire la Conferenza dei servizi, preliminare al rilascio di autorizzazioni per grandi strutture.
L'articolo 4 ribadisce l'obbligo per i Comuni, peraltro gia' sancito dal D.Lgs. 114/98, di adeguare i propri strumenti urbanistici ed i regolamenti locali, alle disposizioni regionali, entro 180 giorni dalla loro entrata in vigore. Lo stesso articolo, oltre a definire i contenuti degli atti comunali di adeguamento, individua i necessari meccanismi di controllo sostitutivo regionale, in caso di inerzia da parte dei Comuni o di interventi di adeguamento difformi dai criteri regionali.
L'articolo 5 norma i termini di validita' ed efficacia delle autorizzazioni riferite alle medie e grandi strutture di vendita, con particolare riferimento alle fattispecie della richiesta di proroga, della sospensione di termini in pendenza di procedimento giudiziario e dell'attivazione di superficie inferiore a quella oggetto di autorizzazione.
All'articolo 6 sono previste le fattispecie di revoca delle autorizzazioni, con particolare riguardo ai casi di difformita' rispetto ai criteri di programmazione urbanistica regionale, alle disposizioni prescrittive di cui alla L.R. 56/77 ed agli strumenti urbanistici comunali.
L'articolo 7, contenente disposizioni in materia urbanistica, provvede, per l'attuazione delle disposizioni contenute negli articoli 3 e 4 della Legge e dell'articolo 6 del D.Lgs, a riordinare la Legge Urbanistica regionale introducendo regole che consentano ai comuni di riferirsi a norme certe per l'adozione e la conseguente approvazione degli strumenti urbanistici. Particolare attenzione e' posta alla indispensabile correlazione che deve esistere tra gli standards di natura prettamente urbanistica e quelli piu' vicini al settore commerciale.
Permangono in capo alla Regione le autorizzazioni urbanistiche per i grandi insediamenti commerciali allo scopo di verificare l'attivita' edilizia degli insediamenti medesimi e la relativa compatibilita' con gli indirizzi e i criteri di programmazione regionale.
All'articolo 8, in tema di orari di vendita, nella convinzione dell'importante ruolo strumentale degli stessi, ai fini dell'attuazione della riforma, si individuano i principi ai quali i Comuni devono, opportunamente, informare le regolamentazioni di loro competenza. Un richiamo esplicito viene fatto ai piani comunali di coordinamento degli orari dei negozi e dei servizi, ai sensi dell'articolo 36 c. 3 della L. 142/90. Si ribadisce inoltre l'esigenza di promuovere un costante processo di confronto fra le parti sociali interessate e l'ente pubblico, per avviare forme di sperimentazione a servizio del consumatore. Sempre ai fini di un miglioramento del servizio, viene individuata l'esigenza di uniformare gli orari all'interno delle "zone', cosi' come definite dagli Indirizzi e Criteri regionali e l'opportunita', per ambiti territoriali omogenei, di garantire:
- la piu' ampia possibilita' di apertura domenicale e festiva, nei limiti previsti dal D. Lgs.;
- la previsione di apertura notturna di un adeguato numero di esercizi di vicinato;
- l'individuazione del regime di orari piu' consono alle esigenze dell'utenza, in relazione ai centri polifunzionali ed ai centri commerciali.
All'articolo 9 si fissano i principi per la individuazione delle localita' ad economia turistica, nelle quali e' consentito un regime di liberalizzazione degli orari di vendita. In particolare vengono individuate, in via generale e astratta, le tipologie di localita' aventi tale caratteristica e viene demandata ad apposito atto di Consiglio la fissazione dei criteri e delle procedure connesse e conseguenti. Sulla base del principio di sussidiarieta', viene demandato ai Comuni stessi di procedere autonomamente, sulla base dei criteri del Consiglio Regionale, all'individuazione delle parti di territorio aventi le caratteristiche di 'turistici'ta'' di cui trattasi.
Agli articoli 10 e 11 si delineano le competenze di Regione e Comuni nella materia del commercio su area pubblica.
In particolare l'articolo 10 assoggetta alle stesse forme e tempi previsti dall'articolo 3 per il commercio in sede fissa, l'adozione dello strumento regionale di programmazione delle aree comunali da destinare all'esercizio dell'attivita' di commercio su area pubblica, e ne fa, conseguentemente, oggetto di apposito successivo atto deliberativo di Consiglio regionale.
I principi informatori della programmazione regionale vengono individuati nel perseguimento e nella valorizzazione del ruolo di completamento e di alternativa del commercio su area pubblica rispetto al commercio in sede fissa.
All'articolo 11 viene demandato alla Giunta regionale di adottare la regolamentazione giuridico-amministrativa dell'attivita', secondo le estese competenze conferite alla Regione dall'articolo 28 commi 12 e13 del D.Lgs. 114/98.
E' prevista inoltre la possibilita' di rilascio, accanto alle autorizzazioni annuali, di autorizzazioni stagionali e temporanee.
All'articolo 12 e' previsto il trasferimento ai Comuni delle funzioni amministrative relative alle modalita' di svolgimento delle vendite straordinarie puntualmente definite agli artt. successivi.
Agli articoli 13 e 14 sono disciplinate le vendite straordinarie di liquidazione e di fine stagione. In attuazione della L.R. 34/98 vengono delegate ai Comuni le funzioni connesse alla regolamentazione della materia, secondo la fissazione di principi e criteri direttivi in ordine alla fissazione delle modalita' di svolgimento, della pubblicita', dei periodi e della durata delle vendite straordinarie. Particolare rilievo assumono le indicazioni relative alle forme di pubblicita' a garanzia della corretta informazione al consumatore.
Con particolare riguardo alle vendite di fine stagione, la fissazione dei limiti temporali di svolgimento e' demandata ai Comuni entro i termini massimi individuati dalla Regione. Per la fissazione del calendario annuale dei "saldi" e' prevista, per i Comuni che ne ravvisano l'opportunita', la possibilita' di confronto con gli altri Comuni appartenenti alla medesima conurbazione.
All'articolo 15 sono previste le disposizioni comuni recanti le modalita' relative all'indicazione dei prezzi stabilite dai Comuni sia per quanto riguarda le vendite di liquidazione che quelle di fine stagione. Sono inoltre prese in considerazione alcune violazioni e divieti relativi alle attivita' di cui agli artt. 13 e 14.
L'articolo 16 promuove la costituzione dei centri di assistenza tecnica di cui all'articolo 23 del D.Lgs. 114/98, intesi come fucina delle strategie e delle conoscenze tecniche per lo sviluppo dei processi di ammodernamento della rete distributiva. Ad essi e' demandato il compito istituzionale di prestare, alle imprese del settore, attivita' di assistenza tecnica, formazione ed aggiornamento nelle materie che lo stesso decreto elenca e che concernono l'innovazione tecnologica ed organizzativa, la gestione economica e finanziaria d'impresa, l'accesso ai finanziamenti, la sicurezza e la tutela dei consumatori e dell'ambiente, l'igiene e la sicurezza sul lavoro, i sistemi di qualita', la certificazione degli esercizi commerciali.
L'articolo prevede che i centri possano essere costituiti, oltre che dalle associazioni di categoria e da altri soggetti, nell'ambito di alcuni limiti qualificanti, anche direttamente dalla Regione per il tramite di societa' partecipate o di enti strumentali. Tale scelta integrativa soddisfa la necessita' di condurre, secondo criteri di univocita' ed omogeneizzazione, innanzitutto un'ampia operazione di informazione e di sensibilizzazione delle imprese alla cultura dell'innovazione e della formazione permanente. Si collega inoltre all'articolo 18, relativo al credito, consentendo di armonizzare la finalizzazione degli incentivi regionali allo sviluppo del commercio. In particolare, costituisce la piu' idonea sede da cui far scaturire il supporto alla progettualita' degli enti locali nell'opera di qualificazione del proprio territorio.
Strettamente interdipendente con gli articoli precedenti e successivo, l'articolo 17 traccia le linee generali in materia di formazione professionale, distinguendo obbligatoriamente tra quella che costituisce requisito d'accesso all'esercizio dell'attivita' e quella che dell'attivita' diventa strumento di crescita e qualificazione.
Nell'articolo 18 confluiscono le premesse evidenziate gia' in articoli precedenti, e prende dimensione tangibile la strutturazione di assistenza tecnica, formazione professionale e credito come un sistema "mezzo" attraverso cui perseguire efficacemente l'equilibrato sviluppo quantitativo, tipologico e qualitativo del commercio. Recependo le innovazioni introdotte dal decreto legislativo 123/98 (Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59), i benefici previsti discendono da interventi di varia natura quali il bonus fiscale, la prestazione di garanzia, il conto capitale, ed adottano i procedimenti automatico, valutativo e negoziale.
Tali interventi integrano quelli previsti dalla vigente normativa (L.R. 43/94 e successive schede F.I.P. , L.R. 57/95, finanziamenti dello Stato previsti con Delibere CIPE ) e sono sostanzialmente volti a favorire:
- i "luoghi" in cui il commercio e' inserito o puo' inserirsi, al fine di equilibrarli, riqualificarli e valorizzarli, secondo le linee tracciate dalla programmazione regionale di settore;
- gli operatori che investono in innovazione, qualita', formazione ed aggiornamento;
- i "motori' del commercio, configurabili nei centri di assistenza tecnica.
L'articolo dispone inoltre misure atte ad incrementare il fondo rischi delle strutture di garanzia collettiva fidi, allo scopo di agevolare l'accesso al credito delle aziende, in particolare di piccola e media dimensione.
L'articolo 19, e' riservato alle funzioni regionali di verifica e controllo generalizzati, sulla corretta applicazione delle disposizioni statali e regionali e sull'eventuale inerzia delle amministrazioni comunali. Soltanto un'attenta attivita' di controllo, intesa in funzione strumentale rispetto alle prescrizioni normative di diritto sostanziale, puo' infatti garantire l'attuazione dei contenuti della riforma.
All'articolo 20 e' autorizzata la spesa per l'attuazione del D.D.L. in riferimento all'anno in corso. Sono previsti, conseguentemente, i connessi meccanismi contabili e sono individuati gli interventi di destinazione dei fondi.
L'articolo 21 reca le disposizioni transitorie e finali atte a normare, nell'attuale fase di successione nel tempo fra sistemi normativi differenti, le fattispecie in attesa di definizione o, comunque, a disciplinare taluni aspetti della materia del commercio, fino all'adozione dei successivi atti affidati, dal D.D.L., alla competenza del Consiglio o della Giunta regionale.
L'articolo 22 prevede l'abrogazione espressa di norme e introduce una clausola residuale di salvaguardia, relativa al principio dell'abrogazione implicita di norme incompatibili.
La clausola d'urgenza di cui all'articolo 23 consente, infine, l'adozione della procedura di promulgazione e pubblicazione abbreviata di cui agli artt. 127 della Costituzione e 45 dello Statuto regionale.