Consiglio regionale
del Piemonte




Relazione al Disegno di legge regionale n. 402.

Organizzazione delle funzioni regionali e locali in materia di mercato del lavoro



Con il presente d.d.l.r., la Giunta regionale compie tempestivamente e responsabilmente la sua parte in ordine alla nuova organizzazione del mercato del lavoro in attuazione del decreto legislativo n. 469/1997.
Prima di affrontare l'esame del d.d.l.r., sembra opportuno premettere alcune considerazioni in merito al contenuto del decreto n. 469, in modo da rendere meglio comprensibili le scelte che si sono operate nell'approntare il disegno di legge.
E' da tempo in atto nel nostro Paese un lungo e difficile processo di modernizzazione delle politiche del lavoro. Esso ha raggiunto ormai alcune importanti tappe intermedie (l'approvazione della legge di decentramento di poteri alle Regioni ed agli enti locali (legge 15 marzo 1997, n. 59) ed il relativo decreto legislativo di attuazione (decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469), ma ha ancora davanti a se' numerosi e non meno importanti traguardi parziali. Ci si riferisce in particolar modo alla emanazione da parte delle Regioni delle leggi volte a disciplinare l'organizzazione del nuovo sistema regionale per l'impiego ed ai provvedimenti che successivamente verranno adottati dalle Province per la gestione dei poteri ad esse attribuiti.
L'attuale fase si caratterizza pertanto come una tipica fase di transizione, in cui e' certo solo cio' che si lascia, mentre del nuovo che ci aspetta si distinguono alcuni punti fermi, sempre piu' nitidi man mano che l'approdo si avvicina. Non e' dunque possibile, al momento, descrivere minuziosamente il nuovo sistema di politica del lavoro, ma cio' non impedisce di individuare le linee direttrici del processo in atto.
Si punta, innanzi tutto, a sanare la frattura istituzionale creata nel 1972 (con la separazione delle competenze relative alla formazione professionale da quelle relative al collocamento); le diverse competenze in materia saranno ora riunificate presso la Regione, mentre allo Stato resteranno compiti di regolazione, indirizzo, programmazione e valutazione.
Un secondo obiettivo perseguito e' la riduzione progressiva delle politiche di sostegno passivo della disoccupazione privilegiando politiche di promozione dell'occupazione, puntando in particolare all'elevazione della qualita' dell'intervento pubblico sul mercato del lavoro mediante l'offerta ai lavoratori ed alle imprese di servizi all'impiego e di opportunita' di formazione professionale di livello europeo.
Il processo in atto comporta anche la fine del monopolio pubblico del collocamento, con la conseguente apertura ai privati dell'attivita' di mediazione tra domanda ed offerta di lavoro, in un contesto di regole precise e controlli rigorosi, da mutuarsi, in larga parte, dalla consolidata esperienza degli altri Paesi esuropei.
Gli obiettivi sopra indicati appaiono strettamente collegati tra loro: e' diffusa infatti la convinzione che se si vuole che il sistema pubblico abbia in futuro un ruolo significativo in questo campo, si deve rapidamente procedere ad una sua radicale ristrutturazione.
In questo processo, le Regioni e gli enti locali stanno per acquisire nuovi poteri che solo in parte sono riconducibili al c.d. sistema di collocamento; in misura maggiore essi riguardano la costruzione di un nuovo sistema di politica del lavoro all'interno di un quadro normativo molto diverso da quello che abbiamo conosciuto anche nel piu' recente passato.
Per quanto riguarda la materia del d.d.l.r., occorre ricordare che lo Stato, con il d.lgs n. 469/97, ha mantenuto pochi, ma non irrilevanti poteri. Innanzi tutto restano all' Amministrazione centrale il raccordo con gli organismi internazionali ed il coordinamento dei rapporti con l'Unione europea; in secondo luogo vengono mantenuti i tradizionali compiti di vigilanza in materia di lavoro, quelli esercitati in passato dagli Ispettorati del lavoro ed ora assegnati alle nuove strutture periferiche unificate del Ministero del lavoro (Direzioni regionali e provinciali); ad essi sono collegati il controllo dei flussi di entrata dei lavoratori extra-comunitari nonche' i procedimenti di autorizzazione per lo svolgimento di attivita' lavorative all'estero. Anche l'attivita' di conciliazione delle controversie di lavoro individuali e plurime e' mantenuta in capo allo Stato, mentre le controversie collettive, a meno che non abbiano rilevanza pluriregionale, sono state affidate alle Regioni.
L'amministrazione centrale, infine, e' chiamata alla "conduzione coordinata ed integrata del Sistema informativo lavoro" (secondo quanto previsto dall'articolo 11 del decreto stesso).
Quanto ai poteri che vengono decentrati, l'art. 2 del decreto legislativo n. 469/97, conferisce funzioni e compiti aventi natura amministrativa, raggruppati in due grandi filoni: il primo (v. il primo comma dell'art. 2) riguarda il collocamento e l'avviamento al lavoro (declinati nelle varie articolazioni interne), i servizi per favorire l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro, anche con riferimento alla occupazione femminile; il secondo gruppo (v. il secondo comma dell'art. 2) riguarda la politica attiva del lavoro, anche in questo caso articolata, a titolo esemplificativo, nelle diverse forme che ha assunto nel nostro Paaese nel corso degli ultimi quindici anni.
L'articolo in esame opera una scelta fondamentale: tutte le funzioni ed i compiti elencati sono posti in capo alle Regioni. Cio' sta a significare che sono le Regioni a dover disciplinare l'organizzazione e lo svolgimento degli interventi pubblici considerati. Cio' non implica necessariamente che le Regioni debbano anche gestire gli interventi indicati (collocamento ed avviamento al lavoro, servizi per l'impiego, politiche attive del lavoro). Anzi, il decreto lascia chiaramente trasparire la volonta' del Governo, in armonia con l'impostazione complessiva della legge n. 59/97, di favorire il ruolo di programmazione delle Regioni ed il ruolo di gestione delle Province.
Fatta salva la competenza statale in materia di eccedenze di personale temporanee e strutturali, disposizioni particolari sono previste al fine di coinvolgere le Regioni nelle procedure riguardanti la concessione della integrazione salariale straordinaria o la collocazione in mobilita' del personale. Le Regioni sono chiamate, oltre che ai delicati compiti di mediazione del conflitto sindacale, anche ad esprimere parere in merito alla concessione dei relativi trattamenti; esse possono inoltre promuovere la stipulazione di accordi e contratti collettivi finalizzati ai contratti di solidarieta'.
Per quanto riguarda l'organizzazione amministrativa e le modalita' di esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti, la relativa disciplina e' lasciata al legislatore regionale.
Il Governo ha pero' fissato, all'art. 4, criteri e principi direttivi, a cui le Regioni devono attenersi nelle emanazione della legge. Si tratta di disposizioni che toccano punti cardine del nuovo disegno organizzativo, anche se non mancano aperture o ambiguita' che, di fatto, rinviano, su molti temi, alle scelte della legislazione regionale.
In primo luogo l'art. 4 precisa con maggiore puntualita', ma senza esaurire l'argomento, i compiti delle Regioni e quelli delle Province.
Queste ultime sono chiamate a rilevanti compiti di gestione; senza ombra di dubbio con riguardo al collocamento, ai servizi all'impiego ed alle iniziative volte ad incrementare l'occupazione ed a incentivare l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro. La lett. a) del primo comma dell'art. 4 vincola infatti le Regioni ad attribuire alle Province i sudetti compiti, da gestire tramite "Centri per l'impiego" (cie' le nuove sezioni circoscrizionali), strutture aventi a rifrimento bacini di circa 100.000 abitanti. E pero' possibile che le Province vengano anche coinvolte nella gestione degli interventi di politica attiva del lavoro ( quelli di cui al secondo comma del citato art. 2).
Per le Regioni il decreto tende a delineare un ruolo di programmazione, coordinamento, valutazione e controllo. Vi sono punti del decreto che si prestano pero' ad altre letture. In primo luogo il secondo comma dell'art. 2 si apre con l'attribuzione alle Regioni delle funzioni e dei compiti in materia di politica attiva del lavoro, senza limitazioni di sorta; il comma poi prosegue con il ricorso alla locuzione "ed in particolare : programmazione e coordinamento di......", ma cio' non appare sufficiente, sul piano giuridico, a fondare interpretazioni restrittive. Vi e' dunque la possibilita' di operare scelte alternative.
In sintesi si puo' sostenere che il decreto e' permeato dalla opzione del Governo in favore della integrazione, sul piano gestionale, del collocamento, dei servizi per l'impiego e delle politiche attive del lavoro e, quindi, della loro organizzazione unitaria attorno alle Province. Il testo e' pero' palesemente influenzato dagli esiti di una difficile e delicata mediazione tra i vari soggetti istituzionali interessati (Regioni, Province, Comuni), cosicche' mentre per il collocamento ed i servizi all'impiego e' esplicitamente prevista la gestione da parte delle Province, per le politiche attive del lavoro vi e' un implicito rinvio alla legge regionale; sara' dunque quest'ultima ad indicare il soggetto istituzionale a cui verra' affidata l'attuazione degli interventi.
In secondo luogo il decreto detta princi'pi e criteri in tema di partecipazione delle parti sociali al sistema regionale per l'impiego, introducendo radicali innovazioni.
Vengono infatti soppressi tutti gli organi collegiali (a livello circoscrizionale, provinciale e regionale) operanti in materia di collocamento ed avviamento al lavoro ed in materia di politica del lavoro. Essi sono sostituiti, con un'opera di indubbia razionalizzazione, da una Commissione regionale permanente tripartita (v. art. 4 lett. b) e da un'unica Commissione tripartita provinciale per le politiche del lavoro.
Quanto alle funzioni le due Commissioni sopra indicate sono definite organi di concertazione e consultazione. In verita' la Commissione regionale puo' essere chiamata a svolgere anche compiti di gestione amministrativa. Infatti e' previsto che, salvo diversa disposizione della legge regionale, le funzioni e le competenze attualmente svolte dalle Commissioni regionali per l'impiego (secondo quanto disposto dall'art. 5 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 e successive modifiche) siano attribuite al nuovo organismo tripartito. Poiche', come e' noto, tra i compiti attualmente svolti dalle C.R.I. rientrano anche compiti amministrativi (si pensi all'approvazione dei progetti relativi ai contratti di formazione e lavoro, all'approvazione dei progetti per lavori socialmente utili o, infine, all'approvazione delle liste dei lavoratori da collocare in mobilita'), la nuova Commissione regionale puo' assumere anche compiti gestionali.
Il decreto si preoccupa, infine, di assicurare il coordinamento a livello regionale tra i diversi soggetti istituzionali coinvolti (Regione, Province, Comuni) prevedendo la costituzione di un organismo interistituzionale (v. art. 4 lett.c).
Il conferimento dei poteri non puo', come e' ovvio, prescindere dalla dotazione delle risorse necessarie per l'espletamento delle funzioni e dei compiti assegnati. L'art. 7 affronta la questione demandando a decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi entro 120 giorni dalla entrata in vigore del decreto, il compito di provvedere in via generale alla individuazione dei beni, delle risorse finanziarie, umane e strumentali da trasferire.
Infine, il Governo si impegna (ed impegna le istituzioni interessate) a costruire il "Sistema informativo lavoro" ( SIL ).
Si tratta di un obiettivo ambizioso e di grande rilievo, poiche' l'informatizzazione delle strutture del sistema pubblico di politica del lavoro (in primo luogo dei futuri "Centri per l'impiego" ma anche delle strutture di orientamento e formazione professionale) ed il collegamento con i soggetti privati che saranno autorizzati a svolgere attivita' di mediazione (ai sensi dell'art. 10 del decreto in esame) o di intermediazione (ai sensi degli artt. 1-11 della legge 24 giugno 1997, n. 196) tra domanda ed offerta di lavoro costituisce elemento essenziale per assicurare su tutto il territorio nazionale la rapida e puntuale circolazione delle informazioni sui posti vacanti e sulla disponibilita' dei lavoratori.
La legge n. 59/97 ed il decreto legislativo n. 469/97 delineano dunque la cornice entro cui la legislazione regionale deve compiere molte scelte tutte di grande rilievo.
Quest'ultima deve offrire risposte alle seguenti problematiche:
1) la ripartizione di poteri tra Regione e realta' istituzionali sub-regionali ( Province, Comuni), tenendo presente che, come si e' detto in precedenza, mentre l'attribuzione di alcuni compiti e funzioni e' gia' definita dal decreto (v. collocamento e servizi per l'impiego), restano aperti significativi margini di discrezionalita in particolare per quanto attiene alla attribuzione dei compiti e delle funzioni di politica attiva del lavoro;
2) la ricerca di un piu' intenso raccordo tra politiche del lavoro e formazione professionale, anche alla luce delle ulteriori competenze in materia di formazione professionale che verranno decentrate in attuazione della piu' volte citata legge 15 marzo 1997, n. 59;
3) la definizione delle forme di partecipazione delle parti sociali al nuovo sistema regionale per l'impiego, e dei compiti da affidare al nuovo organismo di concertazione;
4) la definizione delle forme di coordinamento interistituzionale tra Regione, Province ed enti locali, ai sensi della lett.c) dell'art. 4 del decreto legislativo n. 469/97;
5) la necessita' d'individuare, a livello regionale, le attivita' da affidare alle ordinarie strutture dell'amministrazione regionale e quelle da ricondurre alla struttura dotata di autonomia di cui all'art. 4, lett. d) del decreto legislativo n. 469/97;
6) l'ampiezza delle funzioni da assegnare alle nuove strutture decentrate sul territorio (Centri per l'impiego );
7) le forme e le modalita' con cui realizzare un proficuo rapporto tra strutture pubbliche e soggetti privati o del c.d. privato sociale disponibili a concorrere al raggiungimento degli obiettivi individuati dalla programmazione pubblica;
8) l'inquadramento del personale proveniente dall'amministrazione statale.
Il d.d.l. che si sottopone all'approvazione del Consiglio regionale si compone di 5 capi e 21 articoli.
Il capo I riguarda i principi generali.
Dopo aver enunciato, all'rt. 1, l'oggetto e le finalita', il d.d.l.r. si sofferma, all'art. 2, sulla distribuzione delle funzioni fra la Regione, le Province e gli altri Enti Locali. In particolare alla Regione competono le funzioni di cui all'art. 2, comma 2 del d.lgs n. 469 mentre alle Province sono attribuite la costituzione e l'organizzazione dei centri per l'impiego, le funzioni del collocamento e la gestione dei servizi connessi. Ovviamente le Province esercitano le funzioni nel rispetto degli atti di indirizzo della Regione e individuando opportuni strumenti di raccordo con gli altri enti locali presenti sul territorio.
Al comma 6 dell'art. 2 e' prevista la possibilita', mano a mano che se ne determinano le condizioni, di attribuire alle Province la gestione e l'erogazione, tramite i centri per l'impiego, dei servizi connessi alle funzioni ed ai compiti relativi alle politiche attive del lavoro di cui all'art. 4, comma 1 lett. g) del d. lgs.
Il capo II tratta degli atti di programmazione, di indirizzo e di coordinamento della Regione.
Le disposizioni contengono scelte molto significative in ordine alla programmazione degli interventi.
L'art. 3 infatti integra saldamente la programmazione triennale di politica del lavoro con la programmazione delle attivita' di formazione professionale, adottando un modello pienamente rispondente al disegno del d. lgs. n. 469/97.
Il terzo comma dell'art. 4 riordina inoltre i numerosi atti programmatori previsti dalla legislazione regionale vigente in materia di lavoro e li riconduce tutti nell'ambito del "piano annuale delle azioni di politica del lavoro" offrendo in tal modo una visione complessiva ed organica dell'intervento regionale.
Particolare menzione merita la norma contenuta nell'art. 5 "progetti finalizzati" ove e' previsto che la Regione, con specifiche risorse del bilancio regionale, provveda alla formazione e all'aggiornamento professionale degli operatori in materia di politiche del lavoro.
Il capo III tratta degli organismi regionali e dell'Agenzia Piemonte Lavoro.
L'art. 7 tratta della Commissione regionale di concertazione di cui vengono elencati i compiti, precisata la composizione e disciplinati i punti essenziali di funzionamento.
All'art. 8 e' previsto il "Comitato al lavoro e formazione professionale", composto da non piu' di 18 membri ed istituito in seno alla Conferenza permanente Regioni autonomie locali prevista dal disegno di legge "Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e degli enti locali". Compito essenziale del Comitato e' quello di esprimere pareri sugli atti programmatori regionali delle politiche del lavoro e della formazione nonche' di formulare proposte finalizzate allo sviluppo dell'integrazione fra le politiche del lavoro, i servizi per il lavoro, le politiche formative.
Agli artt. 9, 10 e 11 e' prevista l'istituzione dell'Agenzia Piemonte Lavoro di cui vengono precisate le funzioni, gli organi e i punti essenziali dell'organizzazione e vigilanza. Il dettaglio delle disposizioni e' rinviato allo Statuto dell'Agenzia che dovra' essere approvato con deliberazione del Consiglio regionale su proposta della Giunta.
Il capo IV contiene le norme relative ai servizi regionali e locali.
Fra le funzioni regionali, particolare menzione meritano quella in materia di ammortizzatori sociali e quella sul sistema informativo regionale per il lavoro. Per quest'ultimo e' espressamente affermato (art. 14) che esso e' parte integrante del sistema informativo regionale ( SIRE ) e riguarda l'acquisizione e l'elaborazione nonche' la congruita' dei dati relativi ai flussi di domanda e di offerta di lavoro e le dinamiche della popolazione che studia o che si forma professionalmente sul territorio della Regione.
E' inoltre previsto che le imprese di fornitura di lavoro temporaneo e i soggetti autorizzati alla mediazione fra domanda ed offerta di lavoro possano accedere alle banche dati del sistema informativo, previa stipula di apposite convenzioni, anche a titolo oneroso.
All'art. 15, vengono disciplinate le nuove strutture di erogazione integrata dei servizi, i "Centri per l'impiego".
E' innanzitutto previsto che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge regionale. la Giunta definisca i bacini provinciali per l'istituzione dei Centri, tenendo conto del limite minimo di abitanti previsto dal decreto legislativo, delle esigenze socio-economiche di utenza, della specificita' della citta' copoluogo di Regione.
Saranno poi le Province ad istituire ed organizzare, in detti bacini, i Centri per l'impiego. Si e' volutamente evitato di configurare giuridicamente le strutture di nuova istituzione per doveroso rispetto verso l'autonomia provinciale che potra' in tal modo esprimersi al meglio per soddisfare le esigenze dell'utenza in un contesto piu' rispondente alle specificita' del territorio.
Poiche' le nuove strutture sono destinate a svolgere anche i compiti attualmente svolti dai C.I.L.O. , e' previsto (art. 16) che a decorrere dal 1. gennaio 1999, in concomitanza con l'avvio dell'attivita' dei Centri per l'impiego, siano soppressi i C.I.L.O e conseguentemente abrogata la legge regionale n. 48/91 che li istituiva.
E' tuttavia previsto che il personale di ruolo dei comuni che alla data di entrata in vigore del d.lgs n. 469/97 operava presso i CILO possa, a domanda e previa intesa fra comune e provincia, essere trasferito nei ruoli organici della provincia. Infine, le risorse che la Regione destinava al finanziamento della l.r. n. 48/91, cosi' come risultanti dal bilancio preventivo assestato dell'anno 1997, vengono assegnate alle Province, secondo un piano di riparto deliberato dalla Giunta regionale, previo parere del Comitato al lavoro e formazione professionale.
Il capo V contiene norme finali e transitorie.
Particolare menzione merita quella relativa al personale.
E' infatti previsto che i dipendenti del Ministero del lavoro trasferiti ai sensi dell'art. 7 del d.lgs. n. 469/97 siano assegnati direttamente alle Province e inquadrati nei ruoli organici provinciali. Si e' in tal modo evitato un doppio inutile passaggio (Stato-Regione; Regione-Province) che avrebbe potuto comportare non pochi problemi di ordine giuridico e funzionale.
Fanno eccezione i dipendenti ministeriali che alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 469/97 operavano presso la Direzione regionale del lavoro come supporto alla soppressa Commissione Regionale per l'impiego ( CRI ). Tali dipendenti vengono inquadrati nei ruoli della Regione Piemonte la quale, attraverso le proprie strutture, deve garantire il supporto ai nuovi organismi previsti dalla legge regionale.
Per quanto riguarda infine i beni patrimoniali, essi saranno assegnati secondo le indicazioni contenute nei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'art. 7 del d.lgs n. 469/97.
In conclusione, si ritiene che il modello istituzionale ed organizzativo disegnato, consentira' di avviare una nuova stagione in materia di politiche del lavoro e formazione professionale che, con opportune misure di sostegno sul fronte della formazione e riqualificazione del personale, porra' la Regione Piemonte nella condizione di fronteggiare al meglio la sfida del "privato" dopo la caduta (anche sul piano formale) del monopolio pubblico del collocamento.